Cosa chiamiamo casa? Dove ci sentiamo a casa? Dove proviamo quella sensazione di pace e serenità, nonostante tutto? Dove, come i serpenti, rinnoviamo la nostra pelle, togliendoci quel vestito che ci va un po’ stretto per sentirci di nuovo comodi nei nostri panni?

Per me è qui, dove Google Foto oggi ha deciso di mostrarmi che avevo fatto degli “scatti simili”. Sempre molto attento, me li ha raggruppati in un collage, in modo che io facessi meno fatica possibile a trovare ispirazione per questo post…o da questo posto.

“Foto simili” secondo Google Foto, tutte scattate da me.

Come ho scritto in Chi sono sono nata a Salerno alla Clinica del Sole. Non ho avuto modo di crescere a Salerno ma ci sono tornata grandicella, a 13 anni, in tempo per mettere piede nel ginnasio più formativo della mia vita, il Torquato Tasso.

Se per 13 anni ero stata una bambina timida, impaurita e insicura di sé, inconsapevole del talento sportivo che mi era stato concesso in dono, a Salerno in quei due anni è come se mi fossi riscoperta. Ho trovato la mia dimensione anche a forza di sperimentazioni, nessuna delle quali pericolose ma talvolta arrecanti sostanziali figuracce. Anni dopo una mia collega, a Milano, mi avrebbe svelato il mantra da tanaliberatutti: “meno male che le figuracce non uccidono!”

A 13 anni, seppur triste come può essere triste una ragazzina di lasciare baracche e burattini dove aveva mosso i primi passi, finalmente mi ritrovavo Cristina: mi si era acceso il sole dentro. Quel sole di cui ancora non riesco a farne a meno. Ma proprio “quel” sole, che in altri punti cardinali non è lo dello stesso colore nè emana lo stesso calore. Non mi ammanta, non mi avvolge e neanche mi scotta. Sì, la mia carta d’identità rivelava il vero: ero proprio nata a Salerno.

Ma, se il mio corpo era nato lì, la mia anima ancora era ballerina. Dove era nata lei? Qual era il luogo che lei riconosceva come casa? Non che me lo domandassi veramente, perché certe domande, per assurdo, te le poni dopo che hai già la risposta.

Ho dovuto lasciare Salerno due anni dopo, questa volta per Firenze, per trovarla. Pezzetti di puzzle: una domanda qua, una risposta là, grazie ad incontri e eventi in apparenza estranei fra loro ma poi così tremendamente collegati.

Pezzo di puzzle: fino ad allora andavamo in vacanza a Tarquinia a Luglio e ad Agropoli d’agosto, dove nonna aveva casa, ma proprio quella che lei chiamava casa, da come mi hanno raccontato. Estati di un’infanzia meravigliosa, all’ombra della grande quercia, proprio come nelle favole.

Però la casa era piccola, per le famiglie che si allargavano. E i miei ebbero l’occasione di acquistare un terreno a Perdifumo: non è un nome buffo? A me faceva venire in mente la scena di Mary Poppins della danza degli spazzacamini sui tetti di Londra e il fumo che per magia diventa una scala per salire ancora più in alto.

Quella è “la casa” da cui scatto le foto, sempre lì, quasi sempre al tramonto, ma a volte anche di mattina, mentre faccio colazione sul terrazzino e mi godo i contrasti di colori del cielo, delle nuvole, della campagna intorno e quel pezzetto di mare che mi chiama a rapporto.

Foto dal terrazzino di MareMio

Quale mare? Inizialmente era ancora Agropoli, ma poi, altro pezzetto di puzzle, a Firenze, dove ci eravamo trasferiti, conosco colei che diventerà una delle mie migliori amiche. Lei, e tutta la sua famiglia, faranno parte della mia vita ma ancora non lo sapevo. Valeria era (ed è) bellissima: lunghi capelli castani chiari con riflessi di sole, viso perfetto, occhi grandi, e quella semplicità che la rendeva ancora più luminosa.

Aveva un cognome talmente napoletano, e a me Salerno mancava talmente tanto, che le chiesi di dove fosse (Napoli, ma più o meno la mia stessa storia di peregrinaggio con i genitori, solo con meno tappe) e dove andasse al mare: Castellabate. Non ci potevo credere: a così pochi km da me!

Mi disse “vieni alla mia spiaggia” e quando i miei piedi toccarono quell’acqua, proprio quella, lì, allora, scoprii che la mia anima era nata lì: a MareMio.

E così pian piano la mia seconda (o prima, per tempo trascorso) casa è diventata quella spiaggia, e poi Alfredo, il mio bagnino, e poi l’Aloha Beach, il suo lido.

Da lì di foto al tramonto ne ho scattate talmente tante che anche a Google Foto fa fatica raggrupparle.

Foto giocando col tramonto dall’Aloha Beach

Alcuni potrebbero dire che non sono “foto simili” ma “foto tutte uguali”. Ma chi lì ci è stato sa bene che nessuno tramonto è uguale all’altro e la sera si sta lì, incantati, dopo un’intera giornata al mare, magari con una birra in mano e gli occhi puntati a godersi il calo di sipario più bello del mondo.