“Mamma, facciamo un pupazzo di neve?”

“Fate voi, che mi fa freddo.”

“Ma mamma, a noi non riesce, devi aiutarci.”

“mamma, ma non così: è piccolo e poi sembra un orso!”

“Perfetto, facciamogli anche le orecchie, che tanto a noi un pupazzo non ci viene e faremo il nostro primo orso di neve.”

“E le braccia?”

“Tienine uno.”

“Ma mamma, non si staccano i rami dalle piante!”

“Hai ragione, figlia, non lo faccio più. Allora ha solo un braccio, che non trovo altro.”

“E i bottoni?”

“Attacchiamoci questi pezzetti di foglie.”

“Mamma, io ho freddo.”

“Figlio, sei la mia salvezza: andiamo a casa a riscaldarci, che l’orso è bellissimo così”.

La verità è che a me potete darmi della sabbia e riesco meglio a capire come gestire la fisica applicata alla materia. Ma la neve non è il mio ambiente naturale, non ho alcuna affinità.

Un applauso per la neve” era una delle mie vignette preferite dei Peanuts. Almeno quando non vivevo già abbastanza isolata dal mondo da dover aspettare la neve (o MareMio) per fare questo tipo di applausi.

Oggi però un applauso glielo faccio perché ha cancellato un po’ del grigiore del cielo (o almeno te ne freghi di alzare lo sguardo verso l’alto), dona candidezza ai pensieri, fa esultare Duetto, mi costringe a applicarmi in nuove sfide e ingannarne la sconfitta con la fantasia.

Un applauso per questo orso che sembra Topolino ma che almeno è unico nel suo genere.