Porca zozza se faceva freddo! Eppure ai tedeschi piace soffrire, almeno io mi sono fatta questa idea. È la loro strada per la redenzione.

Leiden è soffrire, Leidenschaft è la passione. Insomma, a furia di leiden leiden leiden, poi ti appassioni. La stessa radice del corrispettivo italiano patire-passione, ma visto che si usa più il verbo soffrire che patire, ci si fa meno caso. Se esponessi a My Love la mia connessione fra verbo con significato negativo e sostantivo con significato positivo pure si stupirebbe.

Quando lavoravo in un ufficio con mezzi italiani li prendevo sempre in giro quando c’era da fare qualcosa di assurdo o poco divertente: “immer leiden, siamo in Deutschland” (soffrire sempre, siamo in Germania). E intanto mi appariva nella testa “Non ci resta che piangere”, come mantra di allenamento all’integrazione: “devi solo leiden leiden leiden e poi ti riesce!

Ecco, questo preambolo per narrare i tanto attesi mercatini di Natale tedeschi: fa un freddo boia, ti si ghiacciano mani e piedi, non c’è musica perché la “Siaen” (non so come si chiami la siae tedesca, ma con _en risolvi quasi ogni cosa) costa, se incontri qualcuno (che poi sarebbe lo scopo di tutto questo patire) discorri solo su quanta sensibilità hai perso e quali falangi ancora rispondano agli ordini del cervello.

Praticamente un’esaltazione luccicante dell’“immer leiden”.

Ti diranno: vabbè, ma c’è il Glühwein che scalda. Il Glühwein è ingannevole. Ti arriva bollente e cerchi di scolartelo in pochi minuti (e lo consideri una medicina, perché ha un sapore dolciastro che pare serva a indorare la pillola) perché si ghiaccia subito. Quindi unisci al congelamento la perdita delle papille gustative, abbrustolite. La conseguenza a medio-breve termine è che non solo hai dimenticato i benefici, ma la vescica piena, sollecitata dalla brezza, si accumula alla serie di disagi che ti rendi conto che hai volontariamente provocato alla tua persona e per i quali stai pagando un parcheggio a peso d’oro.

Possiamo unire i mercatini di Natale alle croci e delizie del periodo. E visto che per due anni sono saltati causa pandemia, presa da non so quale nostalgia per un po’ di insano masochismo, ho proposto alla mia amica di andarci di pomeriggio, che magari faceva meno freddo. Lei è italo-tedesca, quindi quando prendi un impegno con lei lo firmi col sangue. Anche se la settimana in cui proponi ci sono 10 gradi e quella in cui ci vai puoi tranquillamente sostituire il freezer col terrazzo.

Lei è stata sorridente per tutto il tempo, quello che io invece impiegavo a imboccare Duetto perché avevano troppo freddo a tirare fuori le mani e “mamma andiamo a casa” era intervallato dalla fase Dory “guarda mamma, un qualcosa che luccica: andiamo!”.

Ma la cosa che mi fa sempre sorridere, forse ve lo avevo accennato, è l’associazione mentale che faccio fra i mercatini di Natale e la barzelletta dei due matti che devono scavalcare 100 cancelli. Nonostante non faccia ridere, questa barzelletta mi ha condizionato l’infanzia quasi quanto un episodio di Topolino in cui Paperino per ritirare il premio vinto alla lotteria doveva attenersi a una serie di follie regolamentari tipo entrare saltellando su un piede solo e non ricordo che altro (e quindi ora sto bene attenta ad incollare i punti nelle raccolte-punti sempre nel verso corretto e cercando di rimanere nei bordi del riquadro, per paura che mi invalidino la scheda).

Tornando alla barzelletta, ci sono questi due matti che decidono di evadere dal manicomio e per farlo devono scavalcare 100 cancelli. Ogni poco un matto chiede all’altro “sei stanco?” e l’altro risponde di no. Arrivati al novantanovesimo il matto numero uno chiede “sei stanco?” e l’altro risponde “sì”. “Anche io, torniamo indietro”.

Ecco, i mercatini di Natale li collego a questa follia.

Li aprono a inizio novembre e durano fino al 23 dicembre, se tutto va bene. E ti chiedi: ma se li chiami mercatini di Natale, perché non li fai arrivare al Natale? Magari qualcuno vuole fare gli ultimi regali, o dopo il pranzo desidera farsi un giro.

E invece no: al 23 qualcuno da uno stand chiede agli altri standisti “siete stanchi?”. “Sì”. “Bene, chiudiamo baracca e baracchini e andiamo a casa”.

E se ne vanno a casa. Feierabend! Che è un’altra parola tedesca, traducibile letteralmente come chiusura, fine dell’orario di lavoro, ma che in realtà nasconde un concetto tutto suo, tipo “mi cade la penna”. Ma ve ne parlerò, perché se preso con ironia, è un concetto che può farti anche fare qualche risata. Come tutto quel che è croce e delizia.

Gesù Natale

A proposito, la delizia di quel mio pomeriggio ai mercatini di Natale è questo Cristo travestito da Babbo Natale una sorta di “Gesù Natale” che forse incarna meglio la mia personale idea Christkind che porta i regali alla vigilia, anche se molto poco bambino (e che comunque ti porta a esclamare inconsciamente “Uh Gesù!”).