Il Natale non lo chiami. Non ricercando canzoni o film natalizi, non postando l’albero sui social, e neanche preparando dei biscotti con i bambini con le formine a stella o omino di pan di zenzero. Anche se pensi di sapere come snidarlo, perché sei sicuro di averlo lasciato lì, proprio lì, non più lontano che l’anno passato, se guardi bene, non è detto che ce lo ritroverai. Almeno non quando andrai a cercarlo. Perché lo spirito del Natale è, per l’appunto, uno spirito, e come tale è fatto di aere. Non lo vedi quando si scansa o si sposta, quando si dissolve, quando trasmigra di oggetto in oggetto, di canzone in canzone, di voce in voce. E si fa più schivo man mano che si cresce, che ci inaridiamo, che perdiamo fiducia (e speranza) nella magia. Che diventiamo più concreti.

“Eppure”, pensi, “era lì, in questa pallina a forma di campanella che mia mamma suonava sempre al momento dell’apertura dei regali”. E te la rigiri tra le mani, ma niente. Le cerchi il posto d’onore tra le fronde dell’albero e la riosservi meglio, nel suo ambiente. Ma niente.

“Cercherò più tardi”, ti dici, tanto sai che arriva: non può aver abbandonato i posti più cari, che poi sono quelli che sono diventati tradizione.

Ma non funziona così. Funziona che, come da espressione azzeccatissima coniata da quei geni che lavoravano per le pubblicità Motta, funziona appunto che “Il Natale quando arriva arriva”. Può essere all’accensione della prima candela nella prima domenica d’avvento o si farà aspettare fino alla Vigilia. Nonostante i preparativi, nonostante la corsa per i regali, nonostante le tombolate e le abbuffate, nonostante le passeggiate fra lucine e persone e scambi di auguri in anticipo con amici e sconosciuti.

Non so se faccia tutto parte del gioco e non sono neanche sicura sia solo un gioco. So che il Natale, il Natale di ognuno, dal più sognante al più Grinch, è lì, da qualche parte e vuole solo essere scovato. A dispetto dei tentativi fallimentari, come di tutti i tentativi per evitarlo.

Sapete dove l’ho trovato io oggi? Dopo averlo cercato in alcuni film e cartoni, in canzoni vecchie e un po’ più moderne? Oggi era proprio in una carrellata di spot natalizi degli anni ’80 e ’90. Era in “Buttati, che è morbido!”, “E chi sono io, Babbo Natale?”, “Cavalier Condorelli è un vero piacere”, “Vieni alla Standa”, “Vorrei cantare insieme a te in magica armonia…”, “a Natale puoi, fare quello che non puoi fare mai…”, “sono il Babbo di Natale”, ecc.

Oh, se lo avevo cercato nei giorni scorsi! È stato un lavorone, eh! Perché avevo dovuto scansarlo ad ottobre, che era troppo presto. Non potevo neanche permettermi un pensiero fino a San Martino, che c’è da pensare alle lanterne.

E quando mi sentivo pronta per accoglierlo, che lo desideravo per poterlo trasmettere, che proprio mi serviva ecco, ecco che lo spirito natalizio se ne era andato a nascondersi. Pare che neanche Duetto ne volesse davvero sapere, nonostante una cesta di accessori per i lavoretti a tema.

Però loro lo hanno trovato prima di me, ieri, nel sapore dei Plätzchen e nelle canzoncine che stanno preparando all’asilo per l’arrivo di Nikolaus.

Ma per i bambini è tutta un’altra storia, non valgono le regole degli adulti. Loro stanno costruendo la loro idea di Natale, la plasmano selezionando gli input.

Ogni cosa, dal sistemare le palline sull’albero a accendere le lucine del presepe, è un mattoncino che va a formare la loro idea di magia che li seguirà negli anni. Lo spirito natalizio non li fugge, li insegue, perché ha bisogno di loro per sopravvivere. Non si nasconde, ma sta in attesa di capire dove farsi trovare, anno dopo anno.

Per questo non ho comprato nuovi addobbi: Duetto aspettava quelli vecchi. Come mi ha annunciato che resta in attesa delle istruzioni da Babbo Natale per l’invio della letterina. Colpa mia: l’anno scorso ero organizzatissima. O merito mio: l’anno scorso ero organizzatissima.

E non importa dove lo ritroverò io, quest’anno, definitivamente, lo spirito natalizio: devo seminare il campo per il loro. Che da me, lo so, arriva. Non so quando, ma lo farà. E mi troverà pronta, anche in tedesco, a padroneggiare una nuova espressione: es weihnachtet!, che il vocabolario on line Leo, mio amico fidato, traduce con “c’è aria di Natale” o “Natale si avvicina” o “viene Natale”, ma che io ho imparato a tradurre con “adesso è Natale!”, come il vecchio spot Motta, sempre lei, insegna. E solo così l’ho capita meglio, dato che lo spirito del Natale ignora anche le traduzioni letterali.