Prima che Dirk diventasse papà di Duetto, mi spiegò della strana tradizione locale (almeno spero non sia nazionale) di andarsene a spasso per i monti con gli amici per la Festa del Papà, che qui non cade il 19 marzo ma al giorno dell’ascensione.

Lo chiamano il “Vaterstagswanderung, tre parole in una (papà+giornata+potremmo dire escursione, anche se Wanderung e il verbo wandern hanno un significato più ampio), per risparmiare sugli spazi, come facevo io quando gli sms avevano un costo e 160 caratteri.

Gli ho chiesto: “non capisco, voi festeggiate il fatto di essere padri prendendo congedo dalla famiglia?”

Risposta di chi non ha una risposta: “È tradizione”.

“E alla Festa della Mamma?”

“Si festeggia a casa”.

“Mi pare una tradizione un po’ maschilista, oltre che concettualmente egoista e menefreghista”.

Non ha capito. Non credo neanche di averlo detto proprio in un tedesco corretto. Arcigno e incavolato sì, ma non sono proprio parole di uso comune.

Quando è arrivato Duetto è giunto anche l’ultimatum: “Puoi fare ‘sta cavolata di festeggiare il vostro giorno via dalla famiglia solo fino a quando Duetto non è in grado di intendere e di volere. Dopo di che, se scegli che una festa che si basa sulla famiglia preferisci festeggiarla senza famiglia, preparati a fare lo stesso anche a Natale, compleanni e tutte le feste comandate”.

“È un ricatto”, ha ribattuto.

“È una scelta consapevole”, ho concluso vostro onore.

Mò, ‘sta cavolata della passeggiata la fa ancora, ma visto che l’ascensione qui è festa nazionale, con tanto di negozi e supermercati chiusi e lavoratori a casa, ci si riesce spesso ad attaccare qualche ponte o a prendersi qualche giorno in più. Lui deve solo raggiungere i suoi amici ripudiatori della famiglia circumnavigando la festa e talvolta, come quest’anno, scansando imprevisti e probabilità, visto che subito prima è il compleanno della figlia maggiore e poco dopo il mio. Quindi lui parte il 27 e torna il 28, ma ne vale la pena, per non trascorrere Natali e compleanni in solitaria.

Guardando nel calendario tedesco ho scoperto che la festività non si chiama, come ingenuamente credevo io, Vatertag (Festa del Papà), ma Christi Himmelfahrt, letteralmente il viaggio di Cristo verso il cielo. Tralasciando lo shock dovuto ad ignoranza di aver sempre creduto che Gesù fosse salito al cielo a Pasqua, scopro che invece ci ha provato per un’altra quarantina di giorni a rimanere in questo scellerato mondo, ma poi anche lui ha salutato la curva, con la scusa di raggiungere il su’ babbo.

Quindi, a ben guardare la loro tradizione di “beh, allora io vado eh!” ha solo profonde radici religiose.

Ogni tanto anche io con Duetto ho la tentazione di inaugurare una nuova tradizione: la giornata Honolulu arrivooo!”, in onore di Mago Merlino ne “La spada nella roccia”. Che il mio credo religioso è molto disneyano, con note di cartoni animati giapponesi.

Solo che non lo faccio, perché loro preparerebbero le valigie insieme a me e sarebbe molto stressante, anche ad Honolulu. E Dirk così avrebbe due giorni in un anno per salutare la curva, almeno in teoria.

Ah, la teoria: miete almeno tante vittime quanto la speranza! 😉

P.S.: solo per chiarire, alla fine a Dirk toccano ben due feste: la Festa del Papà, che è proprio chiamata così e non San Giuseppe, e la festa del saluto la curva. Due regali che non apprezza e che si dimentica di aver ricevuto e per i quali noi ci impegniamo tanto ma senza sforzo, che per il fai da te io non sono portata e, come detto, a lui frega meno di zero. Però poi dopo anni li ritroverà e saranno diventati abbastanza vecchi da esser considerati cianfrusaglie in ricordo degli anni migliori e allora li guarderà con altri occhi, come fa con i fai da te della figlia maggiore. E va bene anche così, perché in fondo anche io sono una vittima della speranza.