Ho sempre letto a fisarmonica. Cresciuta in una casa circondata da libri, alternavo anni di immersione totale ad anni in cui leggevo poco. Da piccola divoravo, mi arrabbiavo se dimenticavo trama e particolari, leggevo e rileggevo. Crescendo, invece, amici, pallavolo e viaggi occupavano la maggior parte del mio tempo e delle mie energie, e ancora mi piaceva ancora guardare la tv.

Però il treno conciliava la lettura e quindi negli anni comaschi di pendolarismo ho letto tanto, ripensando con un sorriso al disagio di avere con sé, nella busta della schiscia, due libri invece che uno, quando uno era alla fine.

C’era però una triste costante: non sapevo scegliere. Entravo in Feltrinelli a Milano o a Firenze e ne uscivo con libri che mi avevano colpito per la copertina ma risultavano poi deludenti. Un commesso una volta mi consigliò di leggere qualche pagina a caso: se mi prendeva, era fatta. E sbagliavo comunque.

Non mi informavo bene, ora lo so. Non c’era Facebook, in famiglia si leggevano soprattutto classici, la gente intorno a me leggeva poco e se ne parlava pochissimo, tutti presi da altri argomenti.

Li condividevo con la mia Ami di sempre, ma lei non era pendolare e quindi ero sempre io la cavia. Però mi piaceva scambiarci libri e sottolineature. Avevamo anzi deciso di rendere ben evidenti quali appartenessero a chi, per intrappolare un po’ di noi fra le pagine e scambiarci anche questo. E quando invece di prestarcelo, un libro, ce lo regalavamo, prima sottolineavamo quello che ci aveva colpito, e poi scrivevamo una dedica. La poesia dell’amicizia.

Con la fine del pendolarismo, la morte di mamma, il trasferimento in Germania, niente Feltrinelli, la nascita di Duetto e tutto il resto appresso (che bello quando mi escono queste frasi così colloquiali, così proprie della mia vita a Salerno) la lettura era passata in ultimissimo piano.

Quando poi un pomeriggio estivo, passeggiando per Agropoli, vidi uno store Mondadori mentre Duetto era relativamente calmo. Fu un blitz: presi i primi 4-5 libri a caso messi in esposizione e tornai a casa appesantita e felice.

Non li ho mai aperti ma stavano in bella mostra nella mia libreria, e mi chiedevo, se qualcuno avesse voluto giudicarmi dai libri che espongo, che idea si sarebbe fatto di me, visto che non ne conoscevo né gli autori né gli argomenti. Ma mi ricordavano quel raptus.

Grazie a Writer Monkey ho ripreso a scrivere. Più tardi, facendo un corso di scrittura, ho ripreso a leggere. Visto che marito sostiene che se leggo a letto la luce lo disturba (e alla “A” di “mi disturba” cade addormentato, ma non lo ammetterà mai), e visto che di giorno non ne ho la possibilità, allora mi sono fatta regalare un ebook reader e l’abbonamento a Audible.

Da allora leggo tutte le sere, prima di addormentarmi. Va detto che non vado più a letto tardi, ma anche che è diventata talmente un’abitudine che leggo a prescindere dalla stanchezza o dall’orario. Che sia una o dieci pagine, è la mia coccola.

Gli audiolibri mi fanno compagnia mentre faccio la lavatrice, la lavastoviglie, cucino, guido. Ora anche con Duetto, con cui abbiamo audioascoltato Lotta Combinaguai e Cipì e ogni tanto qualche racconto prima di addormentarsi in vacanza.

Ad oggi ho anche imparato dove andare a cercare i consigli di lettura, perché i libri esposti in primo piano ho capito che non fanno per me: meglio il passaparola. Sono iscritta a qualche gruppo Facebook, i frequentatori di Writer Monkey sono anche lettori, ho una compagna di liceo che divora libri e li recensisce brevemente. Lei, come un altro paio di lettori trovati in rete, hanno gusti simili ai miei e quindi orientativamente tendo a seguire i loro consigli e finora ho affinato i miei gusti in questa direzione.

Delusa dal premio Strega (ne ho letti alcuni, ma non mi hanno lasciato molto) e do maggiore credibilità al Pulitzer e amo la prosa asciutta e così profonda del premio nobel 2022 Annie Ernaux.

Ma è anche vero che ho capito che i gusti variano anche a seconda del periodo, dell’abitudine, dell’umore, di quello che ti capita intorno.

Che ci sono libri da ombrellone e libri da camino, non solo perché alcuni sono più estivi e leggeri, come gli abiti e gli umori indossati in estate, ma anche perché alcuni vogliono una lettura più calda e intimista. Ma tutto questo a prescindere dalla stagione.

Perché a me la vista del mare suscita profondità e mi dispiacerebbe rovinarla con una lettura sgradevolmente superficiale. Ma ci sono periodi dell’anno, o della vita, in cui invece quella superficialità è necessaria a ricaricare le batterie mentali, e allora ben venga.

Esistono di certo libri brutti in assoluto o libri belli in assoluto, ma ce ne sono tanti che aspettano solo il momento giusto per essere letti e sfogliati, che sono stati pubblicati per quello scopo, e che non vanno sminuiti in generale ma, talvolta, solo in particolare.

E ne è l’esempio questo libro, preso in quel blitz di forse tre anni fa, letto in mano in questi giorni, mai per caso.

Perché ci sono altri due pezzettini di puzzle da raccontare.

Annimila fa quello che sarebbe poi diventato il marito della mia Ami del cuore, ma che allora era un’ideale di sogno impossibile (tanto che a noi amiche pareva più probabile che lei sposasse Harry Potter o Sergio Muniz, per dirne due fra i suoi preferiti), le disse “Per Cristina? Ma lei è una che legge!”. La mia Ami era andata in Feltrinelli, dove lui lavora (e dove lui per anni costantemente la ignorava) a chiedere un consiglio per un regalo a me.

“In che senso sono una che legge? Che vuol dire?” le chiesi.

“Penso volesse dire che leggi libri belli, che ti impegni nella lettura”.

Perché si era fatto quell’immagine di me? Avevamo giocato qualche volta ai salesiani a pallavolo, ma eravamo dei ragazzini. E quando qualche volta lo avevo incontrato per strada avevamo scambiato battute non certo auliche o intellettuali.

Non mi chiesi se avesse completamente padellato il suo giudizio su di me, mi chiesi solo cosa volesse dire, una che legge.

Secondo pezzettino di puzzle, questa estate, Linda. Linda è una superdonna, con tutte le forze e le debolezze delle superdonne. Ed è una che guarda dentro le persone senza farsene accorgere, distraendole con la sua risata.

Ecco, chiacchierando, lei mi disse “Leggi sul Kindle? Io ti facevo una da carta”.

Ecco, un’ennesima idea di me che non riuscivo bene a interpretare.

Sì, ho amato la carta e amo tutt’ora sfogliare, tornare indietro, rileggere, aprire un libro e ritrovare le sottolineature, riporlo in libreria, averlo a portata di sensi, in primis vista e tatto.

Però, ecco, senza kindle o Audible non avrei più letto, quindi machiavellicamente il fine giustifica i mezzi, anche se non me li fa adorare. Hanno i loro pro: più economici, più leggeri, non ingombrano e gli interpreti dei libri sono sempre meno teatrali e più indirizzati alla lettura di accompagnamento. Ma l’esperienza sensoriale del libro doveva tornare da essere mia: Linda mi aveva aperto gli occhi.

Così, un libro in mano per il giorno o le notti senza marito, uno digitale per viaggi e notti con marito e uno sul cellulare per compagnia ho rimesso a posto la mia abitudine di lettura e chiarito cosa voglia dire “sono una che legge”.

Perché poi quei libri del blitz ho deciso di leggerli, per capire se dovessero ancora far parte della mia libreria oppure no, che ce ne sono tanti nascosti nei mobili o in cantina che invece meriterebbero di trovare lo spazio adatto per caratterizzarmi.

Ho iniziato con “La vita inizia quando trovi il libro giusto” di Ali Berg e Michelle Kalus, ma l’ho abbandonato a pagina 79 e tolto dalla libreria. Anche Alessia Gazzola con il suo “Ladro Gentiluomo” è uscita dallo scaffale, ma l’ho letto tutto, nonostante non sia il tipo di scrittura che mi prende. Mi ricordava però tanto il modo di scrivere di mia cugina e, se ha tanto successo (e gliene auguro ancora, per carità), vuol dire che delizia le giornate di qualcuno, e questo non può farmi che piacere.

L’ultimo letto è “La tua seconda vita comincia quando capisci di averne una sola” di Raphaëlle Giordano (riguardando i titoli scelti dal blitz ero in desiderio di cambiamenti, ne deduco) che, dalle recensioni lette in giro pare abbia cambiato la vita a tante persone, aiutandole a cambiare punto di vista sulla loro quotidianità.

Ha un po’ cambiato anche la mia, o meglio ha dato una piccola scossa a una mia serata, e quindi ecco che si merita almeno la foto di accompagnamento di questo post.

È capitato che, mentre scrivevo sulla mia pagina Facebook, una ragazza mi abbia scritto chiedendomi un consiglio di lettura. Panico. Solo il giorno precedente avevo realizzato, così, fra mille pensieri, che io non saprei consigliare una lettura senza conoscere niente dei gusti, delle abitudini e dello stato d’animo della persona che me lo chiede.

Ho buttato là dei titoli che mi erano piaciuti (e che avevo consigliato anche ad Ami e Sister, ma loro le conosco) ma non ero convinta: ero spersa.

Poi lei mi ha accennato qualcosa di sé, che non legge da tanto, presa dalla maternità.

E io ero in ballo con questo libro scritto in maniera chiara, che non richiede tanto sforzo (una mamma in certi momenti di stanchezza o complessità della vita), con capitoli brevi (ideali quando si legge stanchi o si ha poco tempo, perché capitoli lunghi lasciano quella sensazione di aver lasciato l’ennesima cosa in sospeso) e che parla di una donna sopraffatta dall’abitudine, benché oggettivamente non ci fosse niente di brutto in quell’abitudine, a parte il fatto che non la soddisfacesse.

E allora gliel’ho consigliato, chiedendole di farmi sapere.

Io intanto l’ho finito, ed uscirà dagli scaffali della mia libreria perché non mi ha lasciato qualcosa che posso ritrovare nelle sue pagine, ma solo nel suo ricordo. E aspetto e spero che lei mi faccia sapere se lo ha letto e che sensazioni le ha lasciato. Spero le sia piaciuto, ma più di tutto spero che le abbia dato l’input per riprendere a leggere, che altro non è che una piacevole abitudine che va però coltivata.

Di questi tre libri del blitz non so che ne farò. Vorrei dar loro una seconda possibilità, fra le mani di qualcun altro, magari in Italia, che qui dove sono non conosco nessuno che legga in italiano.

Intanto sto cercando di ritrovare l’abitudine a scrivere, che pure fa bene, almeno a me, e spero anche a chi si sofferma qui a leggermi. E per questo ringrazio anche la mia lettrice che mi ha chiesto un inaspettato consiglio di lettura.