Domani si parte: si va in villeggiatura! una parola desueta, ma come altro si potrebbero definire tre mesi di vacanza?

Faremo tappa a Firenze, dal nonno e dagli zii, e poi proseguiremo, per nuove mille avventure, direzione MareMio, dove mi chiederanno se mi sia già trasferita, perchè lì usa dire così, quando si cambia domicilio per i mesi estivi.

Duetto è eccitatissimo e da giorni raccontano a tutti che “domani si va in Italia per drei Monate!”, ed è stato tanto spesso domani che oggi le maestre non si aspettavano di rivederli. Invece andrò a prenderli e dovrò svuotare i loro armadietti, non “con senza” un po’ di malinconia.

Con senza” (come “più meno”), è un’espressione loro (o forse un po’ di tutti i bambini?) e va enfatizzato il senza, perché è quello che fa la differenza tra l’essere ancora piccoli e le loro conquiste: “Andiamo in bicicletta con sènza rotelle”, “nuotiamo con sènza braccioli”, ecc. A me i loro ghirigori mentali fanno impazzire.

Comunque domani si parte, dopo giornate intense di preparativi, perché va bene tutta la tiritera che bisogna viaggiare leggeri, ma tre mesi sono tre mesi, e benché io abbia un desiderio profondo di sudare, può darsi che il fresco ogni tanto faccia capolino, soprattutto nelle serate di fine agosto, soprattutto da quel che tarrazzino.

Così voglio raccontarvi cosa ho messo nella mia valigia per la villeggiatura.

  • Finalmente dei vestiti estivi! Non troppo attillati e non troppo larghi. Quelli giusti per sentirsi a proprio agio con il proprio corpo e la propria temperatura. E dei colori giusti, che quest’anno per me significa tonalità dell’azzurro, perché mi placa come solo il mare sa fare. L’estate resta la mia stagione preferita, e per questo non sono riuscita a scartare il giallo del sole e le magliettine che mi azzarderei a definire “simpatiche”, visto che qui non posso sfoggiarle. Eppure tra gli indumenti ho nascosto qualcosa di nero, come mia mamma nascondeva dietro a tutte le altre nell’armadietto le tazzina di Brontolo, perché quel nano gli stava proprio antipatico. E come sto nascondendo questo pensiero tra gli altri, senza dargli risalto con un’andata a capo: il pensiero che in ogni valigia che si fa a una certa età bisogna aggiungere almeno due “non si sa mai”: uno per le belle occasioni e uno per le brutte, ma solo uno dei due deve essere in bella vista.
  • Ormai ho sempre con me il Kindle, ma c’è un libro la cui lettura con dedica temo di rimandare ancora: quindi me lo porterò.
  • pc, tablet e taccuino, perché la scrittura sia sempre pronta per essere catturata, se ne ho la possibilità. Non so dove sia andata a finire la mia penna glitterossa, ma spero esca fuori, che quest’anno tocca a lei accompagnarmi.
  • E poi qualche nuova consapevolezza e qualche nuovo dispiacere positivo (ci sono anche quelli). La consapevolezza che anche qui, in terra straniera, non sono poi così straniera. E non sono neanche solo l’italiana, né solo la mamma di Duetto. Sono Cristina, con la C e senza H, quella la cui casa è sempre aperta senza che bisogna necessariamente prendere appuntamento (però ogni tanto che stress, eh!), quella che se i bambini giocano sul Salta-salta del vicino, sistema una panchina e apre il bar con le patatine più buone del mondo e qualche bevanda importata, e ci si ritrova come un branco a raccontarsi e ridere, con chiunque passi e chiunque si fermi. E poi c’è il dispiacere positivo: quello di vedere una mamma made in Germany pianificare un pomeriggio non programmato (sono ossimori che qui prendono senso, come dispiacere positivo) per far giocare i pargoli insieme, mentre si apre il bar all’aperto, che quando torniamo a settembre suo figlio andrà alle elementari. E lei, che aveva così tanti pregiudizi nei miei confronti, mettersi a piangere al momento di salutarsi, perché “è tutto così bello e ci mancherai”. Io ci ho provato a dire che non servo io, che possono incontrarsi anche fra loro, che un bar all’aperto è facile da aprire quando non servono permessi e licenze, se non quella di osare. Ma in fondo lo so che ci vuole il coraggio italico per rompere qualsiasi barriera più un’altra grande consapevolezza acquisita: perché io so’ io, e se non vi va bene così, fregassai, che tanto io fra un anno me ne vado! E da quando sono io, piaccio proprio di più. Anche a me.

Adesso è tutto pronto, anche la stanchezza da visite dell’ultimo minuto. Sono una persona fortunata: parto lasciando abbracci, arriverò preparandomi ad altri.

Sempre per nuove mille avventure!