Li sto aspettando: sono gli orecchini in viaggio verso di me.

Chi le ha ideati e plasmati è contenta che arrivino in Germania, che le sue creazioni viaggino, come faceva lei prima, quando abitava in un camper. Io quasi quasi mi rallegro anche che il loro viaggio duri una decina di giorni, così mi preparo ad accoglierli, metabolizzo l’acquisto, me ne godo l’attesa. E visto che però lei è contenta che vengano qui, e io non sono mai contenta di stare qui, ho deciso di donarle un pezzetto di “qui” che invece apprezzo sempre: la mancia che si dà agli artigiani in generale, a coloro che dedicano il loro tempo e le loro mani a te, parrucchieri ed estetiste comprese (e io faccio fatica a comprendere perché no anche ai commessi, ma va beh, fa parte delle stranezze che ogni Paese ha).

C’era un’altra ragazza interessata, mi ha detto, ma se le avesse confermato l’acquisto li avrebbe potuti rifare per me. “Sono ripetibili”, sono state le sue parole, ma io ho sperato di avere proprio quelle, e per fortuna proprio quelle saranno mie.

Stamattina le ho mostrate a Duetto, e Bambina mi ha detto “wooow”, con la bocca spalancata, e poi mi ha mitragliato di domande su buchi all’orecchio, età giusta per farseli, sulle differenze tra quelli adesivi e quelli col buco, chi ce li ha e chi non ce li ha all’asilo e quanti anni hanno, per poi passare al tema smalto, il mio (che non ho ma che potrei usare) e il suo (che ha e che usa, ma è sicuro, per bambini, e comunque non se lo mette spessissimo), ecc. Insomma, mi ha fatto quasi pentire di aver condiviso con lei la mia gioia per l’acquisto proprio mentre dovevamo prepararci per andare in asilo, ma ormai era fatta, era colpa mia, dovevo aspettarmelo, ecc.

Bambino ha invece detto “questa sono io”, indicando quella di destra per chi osserva la foto. E io ho pensato che quando erano in pancia manco sapevo chi fosse l’uno o l’altro, grazie alla sfilza di ginecologi poco empatici che mi ritrovavo, ma credevo di riconoscerli dai movimenti e dalle capriole. Ma ora sono contenta che, quando li indosserò, potrò riconoscere chi è chi.

Ho chiesto poi loro: voi in che gruppo siete ora all’asilo? “Fuchse!” (volpi) hanno risposto loro entusiasti. Ed ecco qui un altro motivo.

Quando a giugno abbiamo lasciato la Germania per l’estate italiana, Bambino e Bambina erano ancora due Igel, ricci. Amo anche i ricci, così indifesi, e gli istrici di Schopenhauer, un po’ meno indifesi ma un po’ più soli, senza le relative accortezze. Mentre meno vicino a me e al mio vissuto era l’animale di appartenenza di ingresso all’asilo, i treenni “Mäuse”, topi, ma rientra nel loro linguaggio per identificare i bambini piccoli e allora suona süß, dolce, almeno per loro. A me sa di sporco e anche di denti affilati e pronti a mordere, ma a pensarci bene i bambini possono essere anche così.

Ce ne è ancora un altro, di motivo: il libro della volpe, “L’Albero dei ricordi”, l’ho scritto anche qui, che è uno dei libri attualmente preferiti di Bambina: “leggiamolo, facciamolo per le nostre nonne!”, dice lei, sempre premurosa con tutti.

È bello da far paura, per affrontare con loro un tema così brutto, quello della morte. Volpe ha trascorso nel bosco giorni lunghi e bellissimi, prima di addormentarsi, stanca, per sempre.

“Mamma, se dovessi morire non ti preoccupare: le mie giornate sono state lunghissime e bellissime”, mi ha detto una volta Bambina dopo l’ennesima lettura. Ma io mi preoccupo, perché la morte in sé mi preoccupa. Però adesso quando parliamo di chi non c’è più vedo crescere l’albero della vita, arancione, come la volpe.

Fatto sta che questa volpe mi rincorre da un po’ (e a lei, alla creatrice intendo, invece “risuonava nella testa”, così ha scritto), forse da prima di quando mi sono resa conto di esserne rincorsa. Diciamo che me ne sono accorta questa estate, a MareMio, dove insieme a nonno e Duetto abbiamo assistito a passaggi di cinghiali più o meno grandi, asinelli (con cinghiale al seguito), una famiglia di tassi e poi lei, quella volpe che gironzolava la notte vicino alla casa del vicino (quindi proprio vicino vicino) ed era bellissima.

Quando My Love ci ha raggiunto a MareMio siamo ripartiti per altre nuove mille avventure e un giorno Bambino, in attesa di entrare in una grotta, ha detto “volpe!”, e lei era lì con noi, ma non siamo riusciti a fotografarla, io perché non ci ho pensato, gli altri perché troppo lenti, troppo lenti per lei.

E ovviamente, quasi scontatamente, mi ricordo del Piccolo Principe, che non è che avessi proprio capito capito quando ero ragazzina. Ma poi era arrivata Chiara nel negozio in cui lavoravo, Chiara che veniva dalla Campania come me, che amava Roma come me e che aveva appena aperto una libreria per bambini, e io pensavo che non avrei mai avuto figli e non ci sarei mai andata, in una libreria per bambini. Pensavo proprio “ma a che cosa serve, una libreria per bambini?”, e invece serve a nutrire sognatori, e infatti Chiara e marito stanno lavorando alla grande.

Insomma, però, a quel tempo a me non serviva una libreria per bambini, ma non sapevo che mi sarebbero servite poi le sue parole, il nostro dialogo, che non riporto testualmente perché le ho dimenticate ma che suonavano più o meno così:

– “Dagli albi illustrati si possono trasmettere tanti concetti difficili. Come la morte”.

– “E quali sono i libri che potrebbero affrontare il tema della morte?”.

– “Il Piccolo Principe, ad esempio”.

Davvero? Non lo ricordavo proprio, che ci fosse quel tema. Io, del resto, a quei tempi ero invincibile e la vita non mi aveva dato grandi dolori.

– “Il Piccolo Principe muore ma resta nelle stelle che ridono”, mi disse.

Io non lo sapevo, ma era un’informazione che mi ronzava nella testa. E quando è morta mamma, pochi mesi dopo, me la sono ricordata.“Tu, solo tu, avrai delle stelle che nessuno ha. Io abiterò in una di esse. Io riderò in una di esse. Allora per te sarà come se tutte le stelle ridessero. Quando guarderai il cielo, di notte, tu, solo tu, avrai delle stelle che sanno ridere” (Antonie de Saint- Exupéry).

Questo è sempre con me, sul “Santino dei morti” di mamma, dietro alla fotografia di lei sorridente, da ragazza, con un fiore fra i capelli. E quando il cielo è sgombro da nuvole e ci sono poche luci intorno, quindi praticamente quando sono a MareMio, a casa sua, quelle stelle sono così luminose che dal loro brillare si può sentire la sua risata.

Ma il Piccolo Principe ha anche un’amica, con cui si addomesticano vicendevolmente…quella volpe che so che in una decina di giorni sarà qui, e, per parafrasare il libro, io già da ora comincio ad essere felice. Col passare dei giorni aumenterà la mia felicità. E quando arriverà il pacchetto incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità.