Era il 22 maggio del 2021 quando la mia amica Valeria mi scrisse: “mamma ha smesso di respirare”.

Grazia scoprì il suo tumore qualche mese dopo la morte di mamma. Le avevano dato pochi mesi, e lei invece ha riso in faccia alla morte per oltre cinque anni. E fra una battaglia e l’altra, si faceva abbuffate di vita, e noi eravamo felici di raccogliere le sue briciole come insegnamenti.

Ci sono stati anche momenti brutti, di abbattimento e rabbia, perché la malattia trasforma. Ma non c’è attimo in cui non si rimpianga la morte di una persona che era stata così viva, come solo lei sapeva fare.

Grazia è stata una presenza saltuaria ma sorridente nella mia adolescenza. Avevamo intrecciato le famiglie nelle estati al mare, nelle serate organizzate, nelle gite a Ripoli o alla roulotte al campeggio, nei tanti momenti trascorsi insieme, da quando io e sua figlia ci siamo incontrate tra i banchi di scuola.

Ci siamo sentite e scritte, con Valeria, quel giorno, mentre a casa sua c’era un viavai di persone per darle l’ultimo saluto. E fra le cose che ci siamo dette, una era:

Non abbiamo neanche preparato qualcosa da dire in chiesa. Monica (la sorella di Valeria n.d.r.) dice che mamma lo avrebbe meritato. Io dico che mamma mi conosceva e avrebbe capito che mi imbarazzo a fare una cosa del genere. E poi, sono tanto stanca”.

Avevano ragione entrambe, ho pensato. Grazia lo avrebbe meritato. Ma come si fa a chiedere ai figli una lucidità tale, con la pressione del funerale alle porte?

Così, forte degli anni della conoscenza di Grazia non solo come persona ma anche dell’influenza che ha avuto nella vita delle persone, ho scritto per la mia amica questo elogio funebre.

Breve elogio funebre per Grazia

Ciao Grazia,

ciao madre, moglie, nonna, amica, confidente.

Eri sorriso, energia, ottimismo. Eri conforto e sprone. Eri vita allo stato puro.

Eri mare, montagna e campagna. Eri alba e tramonto, eri brezza e pioggia allegra, eri scherzo e divertimento.

Eri casa, per tutti.

Cosa ci mancherà, saranno le stesse cose che lasci, ovunque intorno a noi.

Mancherà il tuo sorriso, la tua forza, la tua stessa presenza, più ingombrante della tua sagoma, perché capace di spandersi

per riempire vuoti di parole, di sorrisi, di sguardi verso l’oltre.

Non ci occorrerà cercarti nell’orizzonte, nelle sfumature di colore (quanti colori sapevi essere!) perché, lo so, ti farai trovare in tutto ciò che hai amato e in tutte le cose nuove che ameremo.

“Non sappiamo dove vanno ma sappiamo dove restano”, dicono. E noi lì ti verremo a cercare.

Però tu, mamma, vienici a trovare: nel profumo dei gelsomini, nella brezza del mare, a colazione sulla grande terrazza, mentre prepariamo la pizza o la pastiera.

Non mancare a Natale, né a Pasqua né ad ogni compleanno.

Grazie, Grazia, per quel che lasci. Per il tuo esempio.

Grazie, indomita lottatrice che hai spaventato la morte col tuo sorriso, l’hai a lungo disarmata con la tua voglia di vivere.

Lasci un vuoto più grande della tua stessa esistenza. Un vuoto di passione, coinvolgimento, amore, altruismo.

“Hai smesso di respirare”. Così è stata annunciata la tua morte. Mai parole più vere. Hai smesso di respirare, non di vivere.

Non lasciarci soli. Vienici a trovare.

Era il mio modo per fare qualcosa, da lontano, visto che non potevo raggiungerla in Italia.

Avevo poco tempo, quindi ho scritto di getto, senza neanche rileggere. Devo dire la verità, è stato facile: le parole sono uscite da sole.

Grazia è sempre con me, come tutte le persone importanti. Lo è nelle cose indicate in quel breve scritto di commiato, ma anche nella bambola nella foto, che lei regalò a Mila in una delle rare occasioni in cui ci siamo viste da quando sono diventata mamma. Mila non gioca con le bambole, per questo me la sono presa io e sta nella mia libreria.

Sono tanti i ricordi che mi riportano a Grazia. In particolare uno degli ultimi: una cena organizzata per noi, sulla sua terrazza vista MareMio, che era anche suo, perché lo abbiamo scelto o perché lui ci ha scelto, difficile da dire. Quella casa da lei tanto voluta, in cui ha investito tempo, soldi, fatica e sogni. Con una meravigliosa terrazza, rifatta tra un ciclo e l’altro di chemioterapia.

La terrazza di Grazia vista MareMio

Io ero incinta di pochi mesi, un pancino appena accennato che mi accarezzavo in continuazione, tanta era la paura di perderlo. Lei era vestita del suo sorriso migliore, quello che oscura gli abiti e riduce l’abbigliamento a quello che meramente è: un accessorio che ci portiamo appresso. Ogni volta temevo che non l’avrei rivista, che quei momenti non sarebbero tornati, complice anche la distanza. Ad ogni risata, ed erano tante, pensavo anche che il marito e i figli convivessero con quella maledetta paura. Ma loro avevano lei a rincuorarli.

Il fatto che Grazia ci sia, che venga a trovarci nella brezza marina, nei colori sgargianti, nel sole e nel mare, non attenua il dolore per il fatto che lei non ci si più fisicamente.

Ma sono contenta di aver avuto modo di onorarla con le mie parole, che almeno quello lo so fare e ho avuto modo di farlo. Per mia madre non ero preparata e ho preso in prestito parole altrui. Va bene lo stesso, perché, come insegna Troisi, “la poesia non è di chi la scrive, è di chi gli serve”.

Ma se posso servire a qualcuno per farne parole più personali, sono lieta e orgogliosa di poterlo fare.