Fra settembre e ottobre ho letto questo libro d’esordio di Jackie Polzin, Quattro Galline, edito da Einaudi, che è una delle mie case editrici preferite.

Anche questa lettura è avvenuta per caso o per passaparola. Ho già detto qui come io abbia trovato il mio modo per scegliere i libri da leggere, ovvero il passaparola da persone con gusti a me affini. Alcune le conosco direttamente, altre fanno parte delle pagine social che scorro.

Questo libro è arrivato nelle mie mani grazie al duplice consiglio (e consenso) di uno sconosciuto e del mio libraio di fiducia (nonché cerimoniere al mio matrimonio).

È arrivato che avevo un dannato mal di denti senza causa apparente: il dente incolpato era stato devitalizzato però era dolorante e dondolava. Pur non avendo niente, come la visita e la radiografia avevano evidenziato.

Ma quel dente, quel dente lì – mi spiegò la mia dentista, che è un po’ fissata con la psicologia e in particolare tutto quello che è legato ai dolori ai denti e alla paura del dentista – è connesso al pensiero sulla vita e sulla morte, sulla difficoltà di lasciare andare. Se hai pensieri in questo senso, è curando la tua anima che farai cessare il dolore”. Chi non ce li ha?, pensai.

“Hai perso qualcuno di importante da piccola?”

“No, per fortuna i grandi lutti mi hanno atteso in età adulta”, risposi.

“Un parente, un nonno, un conoscente…un animale?”.

Ed è arrivato come un cazzotto alla velocità della luce il ricordo di Tiger arrotato sotto i miei occhi mentre cercava di accompagnarmi a prendere l’autobus per andare a scuola.

Era un cucciolo, e vale la pena parlare di lui perché di animali con storie strane, la mia famiglia, ne ha avuti anche senza scomodarsi nel costruire un pollaio per quattro galline. E sui nomi, a discapito della cultura accademica dei miei genitori, eravamo proprio delle schiappe. Il cane, maschio, fu chiamato Ariel in omaggio al folletto shakespeariano perché, sosteneva il Vater Familiae, un folletto non ha sesso e quindi va bene sia per un maschio che per una femmina. Del resto gli anni ’80 erano gli anni del detersivo Ariel (Il detersivo, sostantivo maschile) e non ancora de La Sirenetta Ariel (la sirenetta, sostantivo femminile). Fatto sta che comunque Ariel durò poco nella nostra famiglia e la fine che ha fatto, a chi sia stato affidato, resta ancora un mistero.

Tiger invece era un gattino ed era chiaro che nessuno aveva mai avuto gatti in famiglia, perché dal concetto “è difficile capire il sesso dei gatti quando sono piccoli” all’assunto “i gatti possono cambiare sesso nei primi mesi di vita” il passo fu breve quanto la nostra ignoranza in lingue straniere: Tiger non finiva né in _a né in _o: neutro, che vuol dire che va bene sempre.

Se volessi fare dell’ironia, direi che Tiger si è suicidato. In realtà fu una scena che mi straziò anche negli anni a venire e il dolore che quella bambina provò fu talmente grosso e incomprensibile che ne scrissi anche in un tema in prima liceo classico (terzo anno di scuola superiore! Se ci penso ora me ne vergogno assai).

Insomma, ora vi ho un po’ portato in giro per ricordi, ma eravamo dalla dentista-psicologa col mal di denti, che mi ha riportato al dolore di quella bambina che poi aveva deciso che piangere faceva male e non lo aveva quasi più fatto, e la dentista, che avendo capito di aver toccato un punto nevralgico senza aver toccato nervi con i loro strumenti di tortura, che diceva “prenditi cura di quella bambina, richiamala nel ricordo e consolala, che ne ha bisogno. E vedrai che passerà il male a quel dente”.

Mò che c’entra Quattro Galline col mal di denti?

C’entra come c’entra ogni libro che entra nella tua vita in un momento particolare. Era un periodo in cui avevo una serie di pensieri da elaborare, sistemare, metabolizzare, lasciar andare.

C’era una volpe che stava male, che “aveva avuto una vita (abbastanza) lunga e (abbastanza) felice, ma ormai era molto stanca” (semi citazione, riadattata dalle parentesi, dell’albo illustrato L’Albero dei Ricordi di Britta Teckentrup, di cui ho già parlato nel post sulla Tavola dei morti). Il libraio ogni tanto mi chiamava per aggiornarmi su come stava volpe e ogni tanto mi mandava messaggi che parlavano d’altro, come quello in cui mi consigliava la lettura di Quattro Galline. Volpe, del resto, era sua suocera, la mamma di Amiami, che è più di un’amica e sorella.

Quattro Galline, credo vogliate saperlo se siete stati così curiosi da arrivare fin qui, è una raccolta di pensieri sulla vita legati in qualche modo alla decisione di una coppia senza figli di prendere quattro galline come animali domestici, senza nulla (o quasi nulla) sapere di loro (come sceglierle, come alimentarle, ecc). Le galline, con le loro peculiarità così in antitesi con l’essere umano (l’assenza di speranza, ad esempio, legata all’assenza di memoria) fanno da spunto a una serie di riflessioni e aneddoti a cui continuare ad attingere anche a fine lettura (per questo consiglio di acquistarlo e sottolinearlo a piacimento).

Tornando all’intreccio di quesiti di cosa c’entrino le galline con la volpe, con Amiami, col libraio suo marito e soprattutto col mio mal di denti, c’entra perché, sempre citando l’albo di cui sopra

Volpe chiuse gli occhi,

tirò un lungo sospiro

e si addormentò

per sempre

Era il 30 di settembre. Io l’avrei saputo a sera. In giornata ero stata a un funerale di quelli tedeschi, con l’omelia che è un elogio funebre che ripercorre le tappe della vita della persona alternate da spacchi musicali scelti in memoria del defunto. Il mio pensiero, come nei mesi precedenti, era a volpe.

Rientrando a casa mi sono accorta che mi era entrata una cimice nella borsa. L’ho scaraventata in mezzo alla strada più scocciata che impaurita, pensando solo “anche questa ci vuole!”.

Ho portato Duetto a sport, poi abbiamo cenato e ci siamo messi nel lettone, perché My Love era via. E il libraio mi ha chiamato: Volpe si era addormentata.

Io no, non riuscivo a dormire.

Era così assurdo che quel giorno dovesse terminare, e con lui settembre. Non accettavo di iniziare un nuovo giorno, un nuovo mese e un nuovo fine settimana senza volpe.

(Fa strano, fa dannatamente strano, pensare che domani inizia un nuovo giorno, inizia addirittura un nuovo mese, e tu non ci sei. Il primo ottobre senza te, il primo primo del mese, il primo sabato, il primo Wknd, il primo mattino senza sapere che la mamma della migliore amica che si possa mai avere, una seconda mamma per me, non mi darà gli abbracci che mi sono mancanti in questi anni di lontananza, non cucinerà pietanze per le mie scappatelle salernitane, non condividerà la sua cultura e le sue premure rendendomi ad ogni incontro un po’ più ricca e un po’ più orgogliosa di essere stata scelta e accolta come una terza figlia, appunterò quel giorno velocemente su una nota del telefono)

Quattro Galline, insieme ai tanti spunti di riflessione ha un capitolo (l’ho letto a ottobre) sul trenta settembre. Un capitolo che in qualche modo affronta l’elaborazione di un lutto.

Il primo ottobre mi sono svegliata e non avevo più mal di denti. Improvvisamente e inspiegabilmente come era venuto.

Ecco come Quattro Galline è legato alla mia vita e come non potrebbe però legarsi alla vostra. Ma questo post non vuole essere un consiglio di lettura, ma solo il racconto di un’emozione di lettura. E anche un modo per raccontarvi di me a partire da un libro.